2 parole, una poesia
Nel 1975 Muhammad Ali fu invitato a tenere il discorso inaugurale a 2000 studenti dell’Università di Harvard.
Le sue parole ebbero un enorme successo, poi uno studente gridò: “Recita una poesia!” e Alì rispose con due parole “Me, We”.
Non sappiamo se davvero abbia pronunciato queste parole, o se abbia detto “Me, Wheee!”, come alcuni sostengono; quel che resta alla Storia è la grandezza di un pugile, ma soprattutto di un uomo.
Con la sua vita ci ha insegnato l’importanza di intersecare il bene del singolo con quello della comunità.
Muhammad Ali si è sempre battuto per i diritti umani: dopo la conquista del campionato mondiale, si rifiutò di combattere nella Guerra del Vietnam, e fu per questo condannato e privato del titolo di Campione del Mondo.
La sua notorietà diventò un mezzo per farsi portavoce delle istanze di libertà di un intero popolo.
Come in un’altra sua poesia “Freedom – better now”, dedicata alle vittime afro-americane della prigione di Attica, morte durante una rivolta nel 1971.
“Meglio lontano da tutto ciò che vedo/
Morire combattendo per essere libero/
Quale fine più adatta potrebbe essere?”
Lontani dalle parole di Harvard, gli anni in cui viviamo oggi celebrano l’individualità a scapito della collettività; sta a noi coltivare l’intersezione di questi due mondi.
Anche il successo delle imprese, fatte di comunità, dipende ora più che mai dalla capacità di ispirare i singoli e realizzare il loro potenziale, la loro unicità.
Allora io, noi, cogliamo l’insegnamento di questa piccola, meravigliosa poesia.
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