Ode alla gioia
Era già completamente sordo Ludwig van Beethoven, nel 1817, quando scrisse la Nona Sinfonia in Re minore, Op. 125, nota come “Corale”. La prima della Nona si tenne il 7 maggio 1824 a Vienna, e Beethoven condivise il palco con un altro maestro d’orchestra: gli aneddoti narrano che il pubblico non si limitò agli applausi, ma per ben cinque volte lanciò in aria fazzoletti e cappelli, e alzò le mani, per far sì che Beethoven potesse vedere i gesti di grande ammirazione da parte del pubblico.
La Nona Sinfonia è considerato un simbolo di libertà e di gioia: in un’epoca caratterizzata da dure repressioni in tutta Europa, quest’opera parlò di fratellanza, di uscita dall’oscurità verso la luce, verso la pace.
Il quarto movimento contiene una parte cantata dell’ode “Alla gioia”, scritta dal poeta Friedrich Schiller nel 1785, che comincia così:
AN DIE FREUDE
O Freunde, nicht diese Töne!
Sondern lasst uns angenehmere
anstimmen, und freudenvollere.
(INNO ALLA GIOIA
Amici, non queste note,
intoniamone altre
più grate e gioiose.)
Nel 1972 il Consiglio d’Europa ha adottato il tema dell’Inno alla gioia di Beethoven come proprio inno, e nel 1985 è diventato l’inno ufficiale dell’Unione europea, nella versione solo strumentale, senza testo, per esprimere gli ideali di libertà, pace e solidarietà perseguiti dall’Europa nel linguaggio universale della musica.
Non solo la musica dell’Inno alla Gioia, ma anche il suo significato di fratellanza, sono entrati a far parte delle meraviglie del patrimonio culturale mondiale dell’UNESCO a partire dal 2003.
Autore foto: Markus Spiske
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