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La vulnerabilità
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La vulnerabilità

Ho provato a cercare la radice di questa parola. Deriva dal latino vulnerabilis e significa ferire. In un’epoca di vita grama e grandi battaglie era probabilmente un termine molto usato per definire una situazione di forte rischio per la vita, la ferita poteva significare morte.
Della vulnerabilità ci parla la mitologia greca in una delle tante storie che raccontavano all’uomo i valori, le virtù e le debolezze. Una delle leggende rimaste nel lessico comune è la storia di Achille e del suo tallone. Achille nacque dall’unione non proprio idilliaca tra la dea Tite e un comune mortale di nome Peleo. Tite, da buona dea, voleva superpoteri anche per il figlio e così lo portò al fiume Stige, le cui acque avevano il potere di rendere invulnerabili. Immergendo il figlio in acqua la dea non si accorse che il tallone che teneva tra le mani non si sarebbe bagnato, rimanendo quindi l’unica parte vulnerabile del futuro guerriero. E guarda a caso Achille morì per una freccia avvelenata lanciata da Paride proprio nel tallone, una mira, la sua, meritevole della medaglia d’oro alle Olimpiadi e una sfortuna, quella di Achille, degna di diventare eterna.

Come tutte le storie della mitologia greca, il vero messaggio si trovava nell’esaltazione delle debolezze o delle virtù dell’uomo, in questo caso nella vulnerabilità di un tallone eletto a metafora dell’essere umano.

A cercare i sinonimi che descrivono la vulnerabilità si rimane quasi male. Ci sono parole come fragilità, debolezza, sensibilità, tutte sottolineano una forte esposizione al rischio di star male, di essere bistrattati dalle situazioni attorno a noi. Nel gergo comune ad essere fragili ci si rompe, ad essere deboli ci si ammala o si è sconfitti e ad essere sensibili si viene travolti dal dolore in quanto tutto è amplificato. Sono parole familiari a tutti noi, le abbiamo provate e vissute, sappiamo quanto possano far soffrire e quanto spesso ci si sforzi per starne alla larga.
E qui sta la vera sfida, vale a dire imparare ad accettare la vulnerabilità come la stessa parte della medaglia insieme a coraggio e determinazione. Quindi la vulnerabilità come inaspettato punto di forza, l’imperfezione come trampolino per la nostra consapevolezza.

Brené Brown, sociologa americana, si è dedicata a questa materia proprio per risolvere le sue enormi difficoltà ad affrontare le relazioni, i rapporti sul lavoro e gli affetti più importanti della sua vita.

Alla base della vulnerabilità, racconta nel suo libro “Osare in grande”, c’è il sentimento della vergogna, una forma di paura di disconnessione, di isolamento che nasce dal timore di non meritare di stare con gli altri. Questa sensazione di non essere all’altezza ci paralizza, ci spegne, ci porta alla fuga e alla lunga alla convinzione di essere inadeguati, di non valere.
Quante volte per la paura di non essere adeguati non alziamo la mano per dire la nostra, accettiamo passivamente le decisioni degli altri, quante volte non siamo i primi a dire “ti voglio bene” e soprattutto quante volte non prendiamo decisioni per cercare con forza la strada per raggiungere quello che desideriamo.
Accettare la vulnerabilità significa dichiarare la propria imperfezione, quindi può essere un po’ spiacevole ma è un passaggio necessario perché ci permette di scoprire il mondo e le persone, di investire in una relazione senza aver la certezza che funzioni, di muoverci verso il cambiamento senza garanzie di successo, di scoprire nuovi spazi. Secondo Brené Brown, la vulnerabilità è anche alla base dell’innovazione e della creatività umana. Questo perché c’è molta incertezza, caratteristica del processo creativo, e l’innovazione spesso richiede alcune porzioni di fallimento per avere successo.

Culturalmente parlando, una società che considera la vulnerabilità e la debolezza come uguaglianza avrà difficoltà a generare nuove idee o nuove prospettive. Questo perché non accettarla ci porta alla difesa, ad anestetizzare molte emozioni in quanto evitare la paura, la vergogna sopprime anche la gioia, la gratitudine, la felicità. Un circolo vizioso che spegne lentamente la luce dentro e attorno a noi.

Ovviamente, convivere con la nostra vulnerabilità significa anche capire chi sono le persone che si sono guadagnate il diritto di ascoltarci. E se essere vulnerabili e aperti è reciproco può nascere il sentimento più potente di tutti, la fiducia. In natura qualsiasi animale domestico sa come mostrare la sua fiducia verso il suo padrone, ossia presentandosi a pancia in su, mostrando la parte più vulnerabile del proprio corpo. Nella loro semplicità un gatto o un cane sanno donare amore e gratitudine presentandosi nella loro modalità più vulnerabile.

Impariamo a riconoscere, rispettare ed ispirare vulnerabilità a chi ci sta attorno, colleghi, amici e godiamoci questa vita non da spettatori, scendiamo nell’arena e sfidiamo le nostre paure per raggiungere le nostre mete. Il segreto è lasciarsi osservare anche quando non ci sentiamo a nostro agio, di avere il coraggio di far prevalere i sentimenti positivi sulla paura e agire senza dimenticarsi che siamo all’altezza. La vulnerabilità punge come un ago il nostro animo. Tuttavia, è proprio quel dolore che ci dà la percezione di quanto siamo vivi.

Chino

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