Danzare nel Cambiamento
Se cerchiamo su google la parola cambiamento appaiono ben 18.600.000 risultati. Tra questi molti articoli, diversi blog, numerosi paper, e persino un certo quantitativo di tesi universitarie. A quanto pare ci piace parlare di questo tema che oramai ha invaso ogni settore e ogni ambito. Se non è change management, è trasformazione digitale, se non si tratta di cambiamento organizzativo ci riferiamo invece al cambiamento psicologico. Vogliamo non citare la business transformation, l’evoluzione del brand, il cambio di prospettiva e delle strategie? Il cambiamento come competenza, il cambiamento come opportunità, nuovi valori, nuovi paradigmi, motivazione al cambiamento … il cambiamento come l’unica via verso il futuro.
Quindi, cambiare è essenziale? No, è normale.
Se l’evoluzione è ovunque e comunque, indipendentemente dalla nostra volontà e consapevolezza, perché oggi questo processo naturale lascia, troppo spesso, una ferita nelle organizzazioni? Forse parliamo tanto di cambiamento perché siamo alla ricerca di un conforto, e per nascondere le nostre paure citiamo piuttosto il processo che le innesca. E non si tratta solo di aver timore del nuovo, ma di riuscire a portare a termine un cambiamento trasportando serenamente tutti gli attori in esso coinvolti.
Anche le aziende che al vertice mettono in atto misure trasformative, quando si tratta di coinvolgere tutta la popolazione, spesso tentennano come se vogliano all’ultimo fare un passo indietro. Forse la preoccupazione che queste organizzazioni provano nel momento in cui la novità si accinge a definirsi in tutti i livelli nasce dalla scarsa fiducia nelle loro risorse e potenzialità. Avendo paura delle reazioni che non conoscono tendono a ridimensionare il margine di cambiamento.
Sarebbe molto rassicurante avere la sfera di cristallo per poter predire come le persone risponderanno, ma visto che per ora esiste solo nelle favole, dovremo optare per una valida alternativa: se vige un clima di trasparenza, fiducia, collaborazione e integrità la rassicurazione, anche in momenti di incertezza, dovrebbe venire da sé. Emerge dunque il ruolo pregnante di quanto sta a monte della gestione dei processi trasformativi che, sì devono essere portati avanti con cautela, un passo alla volta, ma devono anche essere sempre seguiti e guidati fino alla loro piena implementazione e digestione: ritirarsi dal gioco a metà partita non è ammissibile. Determinazione, costanza e coerenza sono elementi indispensabili per l’esito positivo di qualsivoglia cambiamento.
Diverse dalle organizzazioni che vengono colte da dubbi a processo avviato, sono invece quelle che non iniziano neanche a gestire quegli stessi cambiamenti che, magari nell’immediato o magari un po’ più tardi, irrompono all’improvviso e in autonomia come il mare in burrasca contro gli scogli. E sono guai.
Inevitabilmente il tempo passa, le società si evolvono, le risorse si spostano, il modo di lavorare cambia, i modelli subiscono delle variazioni. Non lasciamo che il coraggio diventi il nostro tallone d’Achille: impariamo a danzare nella pioggia, perché aprire l’ombrello per proteggerci farà solo rimbalzare le goccioline.
Gaia Urati
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