AI e EI: il mindset olimpionico
È praticamente impossibile ormai non sentir parlare di Artificial Intelligence (AI): un argomento ormai ricorrente, in tutte le sue forme, sui blog, nei corridoi di numerose multinazionali e nelle sale meeting degli esperti. Contemporaneamente, un altro tema sta guadagnando importanza: l’Emotional Intelligence (EI). Esiste un legame tra le due? Si tratta di due tendenze opposte o che si prendono per mano?
Per quanto concerne l’AI possiamo affermare che le aziende vincenti saranno quelle che continueranno ad essere leader nei relativi dibattiti e implementeranno le novità a piena scala stando al passo con i tempi. Tale positività dell’avanzamento della tecnologia lascia però spazio ad una potenziale paura: la capacità dell’informatica di insegnare a sistemi autonomi come replicare le funzioni cognitive umane.
Al nascere di tale timore e di diversi dubbi – ad esempio, “Quale sarà il futuro dei posti di lavoro?” – diventa essenziale adottare un mindset che spesso i leader si lasciano sfuggire. Un mindset aperto e stimolante che può magicamente insaporire il progresso dell’AI e assicurare il successo delle nuove trasformazioni.
Il leader non ha bisogno di capire i meccanismi più nascosti dell’AI o delle tecnologie emergenti, ma ha bisogno di comprenderne le potenzialità e le opportunità che potrebbe apportare alla propria organizzazione. Il leader deve sfruttare al massimo l’alto livello di immaginazione, l’analisi creativa e il pensiero determinante che solo l’essere umano possiede e che le organizzazioni necessitano per innovarsi ed evolvere.
Le macchine sono tattiche, orientate alla competenza tecnica, e la loro intelligenza si focalizza sul “come”. La nostra specie è strategica: il tratto caratteristico dell’intelligenza umana è la capacità di chiedersi “perché?”.
Il leader non può combattere un robot, ma può scegliere di dargli il benvenuto abbracciando il cambiamento e rendendolo fruttuoso per l’organizzazione. E può contagiare gli altri a fare lo stesso investendo sullo sviluppo della propria intelligenza emotiva. Perché quello che un leader può fare meglio di qualsiasi invenzione di AI è relazionarsi con gli altri. Per quanto la tecnologia possa modificare i metodi di lavoro, le doti eccezionali di motivazione, ascolto ed empatia continueranno a fare la differenza. È infatti proprio qui che l’AI raggiunge i suoi limiti e l’essere umano eccelle: nella gestione delle persone, delle loro reazioni ed emozioni.
AI e EI due lati della stessa medaglia: da un lato il superamento dei nostri limiti e dei nostri bias, dall’altro l’anima che determina il nostro posto sul podio. Vi state allenando per l’oro?
Gaia Urati
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